domenica 14 agosto 2016

'BANUL MA'RUF' I FIGLI DELLA CONOSCENZA ED IL PURO TAWHID

'BANUL MA'RUF' I FIGLI DELLA CONOSCENZA ED IL PURO TAWHID

CREDERE IN DIO
La fede nel puro Tawhid (monoteismo assoluto) è stata definita nel modo migliore nel periodo del califfato dei Fatimidi che venne fondato nel 909 A.D. in Tunisia e dopo aver espanso il suo territorio ad Egitto, Hijaz, Yemen, penisola arabica, Siria e nord Africa ha avuto il suo picco sotto il sesto califfo Al Hakim, durante il periodo 996/1021 A.D.
La divina chiamata al Tawhid è continuata sotto la leadership di Baha'uddin (Ali ibn Ahmad al Ta'i al Sammuqi) sino al 1043 A.D. sino a diventare una religione slegata dall'islam pur nata in seno ad esso, analizziamola:
la fede nel Tawhid, come enunciata da Hamza Ibn Ali, il primo dei Cinque Luminari fondatori include la credenza ai pilastri basici dell'islam, cambia solo il significato dei medesimi e l'appilcabilita'.
"Lui non occupa un posto preciso, perché Egli sarebbe limitato ad esso, e in altri luoghi sarebbe vacante da Lui. Non c'è luogo dove non è, altrimenti il ​​suo potere sarebbe carente. Egli non è né il primo, perchè questo implicherebbe una nozione relativa ad un ultimo, né è la fine, perchè questo lo renderebbe avere un inizio. Né è Lui esterno, perchè a questo sarebbe necessaria una nozione relativa a qualcosa di interno, né è interno, perché Egli sarebbe irrevocabilmente coperto da qualcosa di esterno. Tali denominazioni necessariamente portano ad una nozione di correlazione con qualcos'altro. Nemmeno io dico che Egli ha un'anima o uno spirito, perché Egli sarebbe poi essere creato, come, suscettibile di progresso e regressione. Né dico di lui che è una persona o un ente o ha una corporeità [di qualsiasi tipo] o una figura o di una sostanza o di qualsiasi qualità estrinseca, perché ognuno di questi attributi implica necessariamente una posizione relativa a sei limitazioni: sopra e sotto , destra e sinistra, davanti e dietro. Tutto ciò a cui può essere dato un attributo ha bisogno di tale attributo. Inoltre, ciascuna di questi sei limitazioni ne richiede necessariamente sei in più delle stesse limitazioni, e così via, progressivamente e senza fine. Dio l'Eccelso, gloria a Lui, è troppo grande per essere associato con i numeri o con esseri qualunque essi siano, insieme o singolarmente. Nemmeno io dico di lui che è un essere, perchè un essere è soggetto a distruzione. Né io dico che lui non è un essere, perchè un non-essere è semplicemente nulla. Né è una cosa, perché Egli sarebbe quindi soggetta a essa. Né è in una cosa, perché Egli sarebbe limitato ad essa. Né è dipendente da una cosa, perché avrebbe bisogno di essa. Egli non è né in piedi né seduto, né addormentato né sveglio, e non vi è nulla che è simile a Lui. Egli non è né intenzione, né viene di passaggio. Nessuno dei due Egli è ed Egli non è fisico né corporeo, né potente né debole. Nostro Signore, gloria a Lui, si esalta sui nomi, gli attributi, i generi e le espressioni, e su tutte le cose. Tuttavia, devo dire, per la comprensione e non per la realtà, che Egli è il Creatore di tutte le cose, che ha portato tutte le cose in essere e ha dato loro le loro forme. Dalla sua luce hanno origine tutte le cose, se le cose sono assolute o parziali tutte tornano alla Sua grandezza ed al Suo dominio divino. "[Lettera 13.]
Qual è il concetto della creazione di Dio per i banul ma'ruf?
Il concetto della creazione di Dio dell'universo e' simile alla teoria dell'emanazione del neoplatonismo formulata dal filosofo greco Plotino. L'adozione di questo concetto filosofico tramuta la fede in teosofia anzichè teologia. Vediamo il perche'...
L'Uno di Plotino
L'Uno «non può essere alcuna realtà esistente» e non può essere la mera somma di tutte queste realtà (diversamente dalla dottrina stoica che concepiva Dio immanente al mondo), ma è «prima di tutto ciò che esiste». All'Uno quindi non si possono assegnare attributi. Ad esempio, non gli si possono attribuire pensieri perché il pensiero implica distinzione tra il pensante e l'oggetto pensato. Allo stesso modo, non gli si può attribuire una volontà cosciente, né attività alcuna[8]. Plotino nega implicitamente anche una natura senziente o autocosciente per l'Uno[9]. Acconsente di chiamarlo "Bene", ma con tutte le cautele del caso:
« L'Uno non può essere una di quelle cose alle quali è anteriore: perciò non potrai chiamarlo Intelligenza. E nemmeno lo chiamerai Bene, se Bene voglia significare una tra le cose. Ma se Bene indica Colui che è prima di tutte le cose, lo si chiami pure così. »
In [IV,5,6] Plotino paragona l'Uno al sole, l'Intelletto alla luce, e infine l'Anima alla luna, la cui luce è solo un «derivato conglomerato della luce del sole». Come spiega in [V,6,3] e in altri punti, è impossibile che l'Uno sia un Dio personale e creazionista come quello cristiano. Dell'Uno nulla si può dire, a meno di non cadere in contraddizione. L'Uno può essere arguito solo per via negativa, dicendo ciò che esso non è: quella di Plotino è pertanto una teologia negativa o apofatica, assimilabile alle religioni orientali come l'induismo, il buddhismo e il taoismo.
"Uno" è anch'esso un termine improprio, usato solo per distinguerlo dai molti. Nel risalire a Lui, Plotino ricorre al principio logico secondo cui il "meno perfetto" deve di necessità emanare dal "più perfetto". Così tutta la "creazione" discende dall'Uno in stadi successivi di sempre minore perfezione. Volendo trovare un perché a questa discesa, potremmo immaginare l'Uno come volontà[11] che dona all'esterno di sé il risultato della sua natura attributiva (essendo la natura della volontà quella di volere). Questo donare però esula chiaramente da qualunque esigenza razionale; se infatti l'Uno andava ammesso per una necessità della logica formale, poiché non potremmo avere coscienza dei molti senza rapportarli all'uno, una tale necessità viene invece a mancare quando, nel discendere, cerchiamo ragioni che costringano l'Uno a uscire da sé e generare il molteplice. Egli infatti è del tutto autosufficiente, essendo "causa di sé". Assegnare ragioni all'Uno è peraltro impossibile, essendo Egli piuttosto la fonte di ogni ragione: diciamo allora che la necessità del donare fa parte della sua natura, ma non perché ne abbia bisogno. L'Uno genera in maniera assolutamente disinteressata e involontaria gli stadi a sé inferiori. Questi stadi non sono temporalmente isolati, ma si susseguono lungo un processo costante, in un ordine eterno.

L'Intelletto (Nous)

La seconda ipostasi è quella dell'Intelletto, generato — non creato — per emanazione o processione (apòrroia). L'emanazione avviene per una sorta di auto-contemplazione estatica dell'Uno: nel contemplarsi, l'Uno si sdoppia in un soggetto contemplante e un oggetto contemplato. Questa autocontemplazione non appartiene propriamente all'Uno, perché in Lui non c'è dualismo alcuno. L'autocontemplazione o autocoscienza è soltanto la conseguenza del traboccare dell'Uno, che ne rimane al di sopra. Tale autocoscienza, che tra l'altro è ancora piena identità di soggetto e oggetto, è l'Intelletto (o Essere). In altre parole, l'Intelletto è l'estasi dell'Uno: estasi vuol dire infatti "uscire da sé". L'Uno esce di sé non per un libero atto di amore, ma per un processo necessario ed eterno, «verosimilmente perché è ridondante» dice Plotino:[12] si tratta come abbiamo visto di una necessità originata dall'Uno stesso, che ne resta comunque superiore.
Nell'Intelletto il Soggetto, cioè il Pensiero, è identico immediatamente all'Oggetto, cioè l'Essere: sono infatti due termini complementari, che non possono logicamente sussistere senza l'altro. Si tratta dell'identità di essere e pensiero di cui già aveva detto Parmenide. Plotino però la chiama "Noùs", che è il nome dato da Aristotele al "pensiero di pensiero" (Nòesis noèseos in greco), e prima ancora da Anassagora all'Intelletto ordinatore. Nòesis in greco vuol dire intuizione: l'Intelletto è infatti auto-intuizione, ovvero riflessività. Ma l'originalità di Plotino rispetto ad Aristotele sta nel collocare nell'Intelletto le idee platoniche: in tal modo, egli sottrae il "pensiero di pensiero" all'apparente astrattezza aristotelica, dandogli un contenuto e rendendolo più articolato. Le idee platoniche costituiscono infatti il principium individuationis, la ragione o lògos per cui una certa realtà risulta fatta così, e non diversamente.
Le idee platoniche non sono per Plotino degli oggetti di pensiero: l'Intelletto non pensa le idee, piuttosto, le Idee sono tutte identiche all'Intelletto stesso, e sono perciò principalmente Soggetti di pensiero. In altri termini, le idee sono infiniti modi di prospettarsi dell'unico Intelletto. In esso è presente un'alterità solo in potenza; nell'Essere ogni idea è tutte le altre.
Il Nous è rivolto verso l'Uno, ne guarda la bellezza, la pienezza originaria[13], e non potendola più raggiungere, pensa sé stesso, all'interno di un circolo ermeneutico soggetto – oggetto, pensieroessere. L'Intelletto non è più Uno, ma è un Uno-molti, poiché ha un'unità solo nella diversità, un'unità nel senso di identità "dell'identico e del diverso" (pensiero ed essere). Grazie a questa distinzione può pensare ed essere pensato senza contraddizione, non è più ineffabile e impredicabile. È la prima forma di intuizione, il livello estremo a cui il nostro pensiero può arrivare. Plotino lo paragona alla luce, che si rende visibile nel far vedere: così l'Intelletto si rivela come condizione del nostro pensare.

L'Anima

La terza ipostasi è quella dell'Anima, sorgente della vita, che si fa veicolo dell'Uno nel mondo[14]. L'Anima procede dall'auto-contemplazione dell'Intelletto; è un'unione non più immediata, bensì mediata (dal Noùs) di essere e pensiero. Essa così rende possibile il ragionamento discorsivo-dialettico, fungendo da tramite: per un verso è rivolta verso l'Intelletto, per un altro guarda verso il basso, risultando sdoppiata in due parti, una superiore ed una inferiore[15]. Questo articolarsi dell'Anima ha come riflesso l'articolarsi del pensiero, che può volgersi alla ricerca dell'unità, e al contempo passare a distinguere e definire il molteplice allontanandosi dall'astrattezza dell'assoluto. Come questi due procedimenti sono solo apparentemente antitetici, così anche l'Uno e il molteplice vanno conciliati l'uno con l'altro.
L'Anima inferiore, per la sua capacità di unificare in sé il molteplice disperso nell'universo, si fa anima del mondo[16]: quest'ultimo risulta così tutto vivo e intimamente popolato da energie. Nel vitalizzare il cosmo, l'Anima non opera "deliberando": la sua attività non è progettuale né tantomeno riproducibile pragmaticamente nei suoi passaggi, perché antitetica al meccanicismo o a un operare artigianale. Si può arguirla solo per via di negazione. Si tratta di un principio naturale dominato da una volontà cieca o inconscia, che genera involontariamente il molteplice dall'uno. Si potrebbe per certi versi paragonarla all'operare onirico di un artista.
Le divine emanazioni di Plotino per i Banul Ma'ruf sono divisibili in cinque principi cosmici Druzerappresentati dai cinque colori che compongono la stella drusa: intelligenza/ragione, anima, parola, precedenti, e l'immanenza. Queste virtù prendono la forma di cinque diversi spiriti che, fino a poco tempo, sono stati continuamente reincarnati sulla Terra come profeti e filosofi tra cui Adam, l'antico matematico greco Pitagora e astronomo, l'antico faraone d'Egitto Akhenaton, e molti altri,  in ogni periodo di tempo, questi cinque principi sono stati personificati in cinque diverse persone che sono venute giù insieme sulla Terra per insegnare all'uomo il vero cammino verso Dio anche se insieme a loro ci sono sempre altre cinque persone che avrebbero portato via la gente dalla strada giusta alle "tenebre". 
Il verde è per "la mente", 'al-'akl, che è necessaria per capire la verità.
Il rosso è per "l'anima", 'an-nafs.
Il giallo è per "la parola", 'al-Kalima, che è la forma più pura di espressione della verità.
Blu, 'as-Sabik è per il potere mentale della volontà.
Bianco, 'al-Tali, è la realizzazione di Blue, dove il suo potere è stato materializzato nel mondo della materia.
IL CREDO DEI PILASTRI DELL'ISLAM
La fede del Tawhid enfatizza i significati spirituali di questi pilastri come leggiamo nell'epistola 15 di Al Hikma:
...ciò non significa che quando si conosce il significato profondo di una cosa si dovrebbe necessariamente abbandonare la sua forma esteriore. In molti casi, la forma esterna deve essere rispettata anche se potrebbe essere interpretata in 70 modi diversi. La pulizia, ad esempio, nel suo vero senso più profondo significa purificare il cuore e dissociarsi dai miscredenti. Al contrario, uno che conosce il significato profondo della parola "pulizia" dovrebbe anche mantenere il suo corpo pulito.
Abu-Izziddin commenta come segue nella 16:
...mentre la pratica esteriore dei rituali non è obbligatoria, è raccomandata in un certo numero di passaggi (Epistole 15,33,74 e 83). La disciplina spirituale è sottolineata come più importante della pratica esteriore dei riti. Bah'al-Din afferma che solo il credente che si applica ad acquisire le scienze e le verità che conducono al tawhid è esente dall'adempimento delle obbligazioni rituali (Epistola 83)
In altre parti delle Scritture gli obblighi sono interpretati spiritualmente; a vegliare su di sé, sottomettere le proprie inclinazioni dannose, purificare il cuore e preparare l'anima per presentarla davanti a Dio, quando con la sua grazia, dovrà raggiungere l'unione con il suo Creatore, in cui è la sua realizzazione.
SHAHADAH (UNICITA' DI DIO)
La testimonianza di fede e' unica ed inequivoca:
Esiste solo un Dio, non c'e' null'altro che Lui!
LA ILAHA ILLALLAH, LA ILAHA ILLA HUWA!
SALAT (LA PREGHIERA)
Il termine arabo "salat" significa, linguisticamente, tendersi a Dio con anima e mente, adorandolo e invocando il Suo aiuto, la Sua guida ed il Suo perdono. Il vero significato è la connessione del cuore a Dio.
Si prega finche' si ottiene questa connessione, la purezza della persona deve arrivare a questo traguardo. Hamza Ibn Ali (Epistola 29)
La preghiera serve quindi a stabilire una connessione tra gli umani ed il Creatore, il rituale in sè deve essere il tramite per arrivare a Dio non una imposizione obbligatoria cui si da maggior importanza alla forma anziche' alla sostanza .
ZAKAT (L'ELEMOSINA)
Il termine arabo "zakat" significa dare una parte del proprio guadagno in elemosina al povero o alla comunità, in realtà non necessariamente deve essere donazione di denaro ma l'edificazione e la purificazione della propria anima che succede quando si aiutano e proteggono i propri fratelli. L'aiuto e' libero senza somme imposte. Le azioni del credente sono motivate dall'amore e devono essere da esempio per aiutare la vita degli altri, dalla guida al consiglio ed anche assistenza materiale se necessitata.
SAWM (IL DIGIUNO)
Il termine arabo "sawm" significa, linguisticamente, digiuno. E' praticato esteriormente astenendosi dal mangiare, bere e piaceri fisici come praticato ogni anno quando ricorrre il Ramadan dall'alba al tramonto. A questo sono esenti i malati, le donne incinte, le donne mestruate i bambini e i vecchi, oltre che i viaggiatori che possono recuperarlo dopo.                          Il suo vero significato nel Tawhid è di astenersi da ogni atto che ci distrae dalla conoscenza del Tawhid. Il digiuno non puo' essere limitato ad un mese all'anno ma dovrebbe essere una pratica continua essendo la distrazione dalla conoscenza del Tawhid il peccato piu' grave dal quale non c'e' kaffara (espiazione) per ripararla.
HAJJ (IL PELLEGRINAGGIO)
Il termine arabo "hajj" significa, linguisticamente, un lungo viaggio ad un posto specifico. Nell'islam  il pellegrinaggio maggiore e' quello alla Mecca, un dovere per ogni uomo ed ogni donna. E' detto anche nel Qur'an alla Sura III al versetto 97 essere un dovere per chiunque puo' farlo. Chi ha i mezzi e la salute deve adempiere a questo precetto coranico anche ed almeno una volta nella vita. Il pellegrinaggio ha le sue pratiche ritualistiche specifiche come circumambulare la sacra pietra nera della Ka'aba e baciarla. Nella fede del Tawhid l'hajj è il viaggio del credente alla cada della conoscenza dell'unita' di Dio. Una volta ancora il pellegrinaggio e' sublimato dall'atto fisico di visitare un mausoleo alla spinta spirituale degli uomini che devono fare per unirsi al Creatore.
Come avete visto la shahadah non rimane solo come un pilastro a se' stante ma e' unito a qualsiasi pratica religiosa, a queste si aggiungono anche altri due pilastri come nel caso degli sciiti.
ALLEANZA (WALAYA)
Il termine arabo "walaya" significa, linguisticamente, lealtà, sostegno ed affezione. Il Qur'an afferma: "O voi che credete! Ubbidite ad Allah ed ubbidite al suo messaggero ed a quelli che hanno autorità..."
L'autorità anziche' darla all'Imam, califfo politico e spirituale scelto dal profeta * per decreto divino è data ai 5 luminari dei quali abbiamo gia' parlato precedentemente.
"Attaccatevi all'incarnazione dei luminari cosmici (hudud) non disubbidite loro, siate a loro sempre sinceri e vicini e sarete grandemente felici e gratificati con qualsiasi scelta abbiano per voi..." Epistola 34
COMBATTERE SUL SENTIERO DI DIO (JIHAD)
Il termine arabo "jihad" significa, linguisticamente, esercitare ogni sforzo per rimanere sul sentiero di Dio non è necessariamente visto come atto militare anzi questo e' quello che il profeta Muhammad * chiamo' piccolo jihad mentre quello grosso e' di sforzarsi per resistere alle passioni diaboliche ed ancora una volta ad allontanarsi dall'obiettivo che e' quello di cercare una connessione spirituale con Dio. Quando il credente resiste alle tentazioni del mondo ottiene la conoscenza di se' stesso e quando fa questo arriva ad uno stato di contemplazione perenne con Dio che gli porta pace e contentezza (ridha).
ALTRI INSEGNAMENTI IMPORTANTI:
Credere nell'uguaglianza dell'essere umano
Baha'uddin anticipo' prima di molti altri l'abolizione della schiavitù (Epistola 74) e la Shari'a al Ruhaniyya "la vendita di esseri umani".
L'uomo secondo la dottrina del Tawhid è uguale davanti a Dio. Nessuno puo' eccellere un altro se non per l'eccesso della realizzazione di sè e quindi per l'amore verso il suo prossimo. L'uguaglianza del genere umano include le donne che dal 1017 A.D. per i banul ma'ruf è propagata alle alte sfere. Un esempio di questo accadde con Baha'uddin che invio' una donna, Sarah, sua cugina come delegata a Wadi t-Taym. Lo stesso riguarda il matrimonio, la muwahhida quando sposa un muwahhid ha per risultato una comunione dei beni in parti uguali e la poligamia e' vietata per decreto del giudice della corte suprema. Questo e' sostenuto dal versetto coranico in cui si dice:
"Non potrete trattare le vostre mogli in uguaglianza anche se lo vorreste fare" Sura Iv: 129.
I sette precetti del tawhid
1. Verità (la prima e piu' grande di tutte le virtù.
2. Salvaguardia e protezione dei fratelli e degli esseri umani.
3. La rinuncia al credo negante l'unicita' di Dio.
4. Dissociarsi da quelli che non sono sul diritto cammino di verità, giustizia ed amore.
5. Professare l'unicita' di Dio e sforzarsi di connettersi al proposito originale dell'uomo (unita' con Dio).
6. La soddisfazione e la pace della mente.
7. La sottomissione al volere di Dio.

The Druzes: A New Study of Their History, Faith, and Society

 Di Nejla M. Abu Izzeddin
OLYMPUS DIGITAL CAMERA
OLYMPUS DIGITAL CAMERA
OLYMPUS DIGITAL CAMERA
OLYMPUS DIGITAL CAMERA
OLYMPUS DIGITAL CAMERA
OLYMPUS DIGITAL CAMERA
OLYMPUS DIGITAL CAMERA

Nessun commento:

Posta un commento