domenica 14 agosto 2016

NON FARTI SCULTURA, NE’ IMMAGINE…NON TI PROSTRARE DAVANTI A LORO!

NON FARTI SCULTURA, NE’ IMMAGINE…NON TI PROSTRARE DAVANTI A LORO!

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il tuo Dio, sono un Dio geloso; punisco l’iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, 10 e uso bontà fino alla millesima generazione, verso quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.
Quante volte ci siamo posti il problema di stabilire cos’e’ esattamente un oggetto di devozione, cosa e’ considerato realmente vietato da Dio? E’ la statua o immagine in se’ oppure l’idolatria che ne potrebbe conseguire? Sia nell’ebraismo che nel cristianesimo delle origini c’e’ sempre stata questa diatriba, la stessa tocca anche l’islam ortodosso in cui quadri, sculture, fotografie e comunque immagini che rappresentino esseri viventi (umani o animali) sono proibiti, soprattutto se presenti nella stanza dove viene fatta la preghiera. Non è neppure permesso disegnare immagini di persone. Sono quindi completamente vietate le immagini?
Se da una parte il profeta dell’islam * proibì l’uso delle immagini e distrusse le statue idolatrate che circondavano la Kaaba, recentemente il 49esimo Imam degli ismailiti, il principe Karim Aga Khan,
attraverso l’Aga Khan Trust for culture ha aiutato alla ricostruzione delle statue di Buddha nel Bamiyan devastate dagli attacchi dei talibani.
Aivanhov, esoterista e pedagogo bulgaro inserito nella tradizione spiritualista giudaico-cristiana e universalista della “Scuola bulgara” di Peter Deunov ad esempio diceva:
“Il culto dei santi è di per sé una buona cosa; non si può rimproverare a nessuno di venerare statue, icone, reliquie, e di pregare e inginocchiarsi davanti ad esse.
Occorre però avere coscienza di ciò che quelle immagini o quelle reliquie rappresentano in realtà. Anche se pregate davanti a un’immagine, non sarà questa ad aiutarvi o a proteggervi: essa vi metterà semplicemente in comunicazione con l’entità che rappresenta, il che è già molto. In questo avete grandi possibilità; però, mantenete in voi la consapevolezza che l’immagine – o l’oggetto – è semplicemente una forma. Nella religione le forme sono utili, anche necessarie, ma non bisogna fermarsi ad esse; si deve sempre cercare il principio che si trova al di là delle forme e legarsi a quel principio per acquisire tutte le qualità che esso possiede. Solo a tale condizione le vostre preghiere saranno esaudite. Finché gli esseri umani non saranno capaci di costruire in se stessi un santuario interiore come dimora per le entità spirituali, niente proibisce loro di ricorrere alle icone e alle statue, anche inginocchiandosi davanti a queste per manifestare il proprio bisogno di adorazione del Principio divino” 
Nella letteratura del da’i ismaelita Pir Satgur Nur sono attribuiti vari miracoli come la realizzazione di statue e pietre raffiguranti dei e dee indù danzanti al suo comando.
Per l’Ayatollah Khamenei, della scuola islamica giafarita duodecimana,Non c’è nulla di male a fare una scultura, la fotografia e la pittura di esseri che non hanno anima. Né vi è alcun danno nel fare sculture o disegni di esseri viventi che hanno un’anima a condizione che non si faccia in tre dimensioni o completa. Allo stesso modo fare una scultura completa di un essere umano o un animale, è un problema, tuttavia, è consentito vendere, comprare, o tenere le immagini e le statue, non vi è alcuna obiezione a mostrare loro pure in una mostra.” Se la scultura completa è un problema forse è  dovuto all’interpretazione di questo versetto coranico: Sura XXI Al-Anbiyâ’ (I Profeti) 
Quando disse a suo padre e alla sua gente: “Cosa sono queste statue in cui credete?” Risposero: “Trovammo i nostri avi che le adoravano”. Disse: “Certo siete stati nell’errore più palese, voi e i vostri avi”. Dissero: “Sei venuto con la Verità o stai scherzando?”. Disse: “Certo che no! Il vostro Signore è il Signore dei cieli e della terra, è Lui Che li ha creati e io sono tra coloro che lo attestano. E [giuro] per Allah che tramerò contro i vostri idoli, non appena volterete le spalle!” E infatti li ridusse in briciole, eccetto il più grande, affinché si rivolgessero ad esso. Dissero: “Chi ha fatto questo ai nostri dèi, è certo un iniquo!” Disse [qualcuno di loro]: “Abbiamo sentito un giovane che li disprezzava: si chiama Abramo”. Dissero: “Conducetelo al loro cospetto, affinché possano testimoniare”. Dissero: “O Abramo, sei stato tu a far questo ai nostri dèi?” Disse: “È il più grande di loro che lo ha fatto. Interrogateli, se possono parlare!” Si avvidero del loro imbarazzo e dissero tra loro: “Davvero siete stati ingiusti”. Fecero un voltafaccia [e dissero]: “Ben sai, che essi non parlano!” Disse: “Adorate all’infuori di Allah qualcuno che non vi giova e non vi nuoce? Vergognatevi di voi stessi e di ciò che adorate all’infuori di Allah! Non ragionate dunque?” Dissero: “Bruciatelo e andate in aiuto dei vostri dèi, se siete [in grado] di farlo”. Dicemmo: “Fuoco, sii frescura e pace per Abramo”.*
*[Riferisce la tradizione che Abramo (pace su di lui) fu precipitato dal tetto di un edificio nel mezzo di un’enorme pira in fiamme e, gloria ad Allah l’Altissimo, ne uscì indenne]
Gli arabi infatti, prima dell’islam, cospargevano le statue degli idoli di profumi, zafferano e miele e si riunivano intorno a loro adorandoli. Il bello e’ che durante queste cerimonie le mosche si posavano sulle statue per cibarsi del miele e dello zafferano presente su di esse. Proprio questa scena viene usata dal Corano per creare una immagine perfetta e ricordare che gli idoli non sono nemmeno in grado di creare una mosca e non solo, non possono nemmeno allontanarla da se o riprendersi il miele che essa ha mangiato posandosi su di loro. A seguito tutta questa immagine viene posta davanti al lettore e gli si dice che un idolo che non può far nulla nemmeno per se stesso dinanzi ad una mosca, non può allo stesso modo far nulla per gli uomini e quindi adorarlo e’ solo una perdita di tempo.
I commentatori del Corano ritengono che il problema dell’adorazione degli idoli fosse una deviazione derivata dal fatto che in antichità, dopo la morte di un profeta o di un patriarca, la gente aveva la tradizione di costruire una sua statua per tenerne vivo il ricordo, oppure costruire statue che simboleggiavano il sole o la luna, visto che erano fonte di luce. A lungo andare però, spiegano gli esperti, la mistificazione aveva portato le persone ad adorare materialmente le statue stesse e a dimenticarne l’uso iniziale ed il valore semplicemente simbolico.
Allo stesso modo il peccato piu’ grave nell’ebraismo e’ l’avere fatto la statua del vitello, come e’ detto nel libro dell’Esodo 32 si narra che dopo l’uscita degli ebrei dall’Egitto, mentre Mosè era salito sul Monte Sinai a parlare con Dio e ricevere i Dieci Comandamenti (Esodo 24:12-18), gli israeliti, credendo che non ritornasse più, chiesero ad Aronne di fabbricare loro un dio per poterlo adorare (Esodo 32:1“Facci un dio che cammini alla nostra testa, perché a quel Mosè, l’uomo che ci ha fatti uscire dal paese d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto”). Aronne raccolse i loro gioielli d’oro e fondendoli forgiò una statua aurea raffigurante un vitello,[3] ed essi la adorarono dichiarando: “Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto!” (Esodo 32:4).
Aronne costruì un altare davanti al vitello e proclamò che il giorno successivo fosse una festa dedicata al Signore. Il giorno dopo quindi tutti si alzarono presto e “offrirono olocausti e presentarono sacrifici di comunione. Il popolo sedette per mangiare e bere, poi si alzò per darsi al divertimento.” (Esodo 32:6) Dio disse a Mosè ciò che gli israeliti stavano facendo giù all’accampamento, “non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicata!.. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li distrugga. Di te invece farò una grande nazione.” (Esodo 32:9-10) Mosè supplicò Dio di risparmiare gli israeliti e perdonarli, ed il “Signore abbandonò il proposito di nuocere al Suo popolo.”(Esodo 32:11-14).
In seguito Mosè ridiscese dal monte, ma vedendo il vitello d’oro si adirò, gettò al suolo le tavole dei comandamenti, frantumandole, e rimproverò aspramente Aronne e tutti gli israeliti. Poi bruciò il vitello nel fuoco, lo ridusse in polvere, lo sparse nell’acqua e costrinse gli israeliti a bere. Infine si mise alla porta dell’accampamento e disse:

« “Chi sta con il Signore, venga da me!”. Gli si raccolsero intorno tutti i figli di Levi. Gridò loro: “Dice il Signore, il Dio d’Israele: Ciascuno di voi tenga la spada al fianco. Passate e ripassate nell’accampamento da una porta all’altra: uccida ognuno il proprio fratello, ognuno il proprio amico, ognuno il proprio parente”. I figli di Levi agirono secondo il comando di Mosè e in quel giorno perirono circa tremila uomini del popolo. »   (Esodo 32:26-28)
aniconismo = Divieto di raffigurazione del volto umano e divino come precetto di alcune religioni. È norma fondamentale dell’antico ebraismo e del giudaismo medievale e moderno. Appare anche nell’Islam, principalmente per quanto riguarda il volto di Muhammad * e Alì. Emerge occasionalmente all’interno del cristianesimo nei movimenti iconoclastici. Per approfondire ancora maggiormente occorre sapere anche quanto dicono i cristiani ortodossi che anziche’ fare come i cattolici non usano statue, la parrocchia cristiana ortodossa “San Massimo, vescovo di Torino” sostiene quanto segue:
Che cos’è un’Icona?
Un’icona (dal termine greco eikòna, “immagine”) è un’immagine – di solito bidimensionale – di Cristo, dei Santi, degli Angeli, o di importanti eventi biblici, parabole, o eventi nella storia della Chiesa. San Gregorio il Dialogo (Papa di Roma attorno agli anni 590-604), parla delle Icone come di Sacra Scrittura per gli analfabeti: “Ciò che uno scritto presenta ai lettori, una raffigurazione lo presenta agli illetterati che la contemplano, poi che in essa anche gli ignoranti vedono ciò che dovrebbero seguire; in essa gli analfabeti leggono” (Epistola al Vescovo Sereno di Marsiglia, NPNF 2, Vol. XII, p. 53). A quanti vorrebbero suggerire che ciò non ha più alcuna rilevanza nella nostra era illuminata, vorremmo far considerare quanto è alto il nostro tasso di “analfabetismo di ritorno”, e il fatto che anche le società più colte hanno un notevole segmento di analfabeti: i loro bambini piccoli! Le icone elevano le nostre menti dalle cose terrene a quelle celesti. San Giovanni Damasceno scrive: “siamo condotti da Icone percettibili alla contemplazione di quelle divine e spirituali” (PG 94:1261a). E mantenendo di fronte a noi la loro memoria attraverso le Icone, siamo pure ispirati a imitare la santità di quanti vi sono raffigurati. San Gregorio di Nissa (ca. 330-395) parlava di come non potesse passare “senza lacrime” di fronte a un’Icona di Abramo che sacrifica Isacco (PG 46: 572). Commentando su questo passo, fu notato nel Settimo Concilio Ecumenico, “Se a un simile Dottore l’immagine era d’aiuto e procurava lacrime, quanto più nel caso di persone ignoranti o semplici porterà compunzione e beneficio.” (NPNF2, Vol.4, p. 539).
I cristiani ortodossi pregano le Icone?I cristiani pregano in presenza di Icone (così come gli Israeliti pregavano in presenza di Icone nel Tempio), ma noi non preghiamo “le” immagini.
Le Icone fanno miracoli?Per mettere questa domanda nella giusta prospettiva, consideriamo alcune altre domande:
L’Arca dell’Alleanza faceva miracoli? (Gs 3: 15s; 1 Sam 4-6; 2 Sam 11-12)
Il Serpente di Bronzo guariva chi era stato morso dai serpenti? (Num 21 :9)
Le ossa del Profeta Eliseo risuscitarono un uomo dai morti? (2 Re 13:21)
L’ombra di San Pietro guariva i malati? (At 5:15)
I grembiuli e fazzoletti toccati da San Paolo guarivano gli infermi e scacciavano gli spiriti maligni? (At 19:12)
La risposta a queste domande è: sì, in un certo senso. Nondimeno, per essere precisi, era Dio che operava miracoli attraverso queste cose. Nel caso dell’Arca e del Serpente di Bronzo, abbiamo immagini che vengono usate per operare miracoli. Dio operò miracoli attraverso le reliquie del Profeta Eliseo, attraverso l’ombra di un Santo, e attraverso oggetti che avevano appena toccato un santo. Perché? Perché Dio onora quanti lo onorano (1 Sam 2:30), e perciò si compiace di operare miracoli attraverso i suoi Santi, anche attraverso questi mezzi indiretti. Il fatto che Dio possa santificare oggetti materiali non dovrebbe sorprendere alcuna persona che sia familiare con le Scritture. Per esempio, non solo l’Altare del Tempio era santo, ma pure tutto ciò che lo toccava era santo (Eso 29:37). Rifiutare la verità che Dio opera attraverso le cose materiali significa cadere nello gnosticismo. Perciò sì, in senso lato, le icone possono fare miracoli -ma per essere precisi, è Dio che opera miracoli attraverso le Icone, perché Egli onora quanti lo hanno onorato
I cristiani ortodossi adorano le icone? Qual’è la differenza tra “adorazione” e “venerazione”?I cristiani ortodossi non adorano le icone nel senso in cui la parola “adorazione” si usa comunemente in italiano. In traduzioni antiche (e in alcune traduzioni più recenti in cui i traduttori insistono a usare questa parola nel senso originale), si trova la parola “adorare” usata per tradurre il verbo greco proskyneo (letteralmente, “prosternarsi”). Nondimeno, bisogna comprendere che tale uso era molto più ampio di quello odierno. Spesso si usava questo verbo per indicare l’atto di onorare, venerare, riverire. Oggi si restringe il temine “adorazione” al senso del termine greco latrìa (che il Settimo Concilio Ecumenico aveva precisamente stabilito come culto che si deve solo a Dio, a differenza della venerazione dovuta ai santi). I cristiani ortodossi venerano le icone, vale a dire, rendono loro rispetto poiché sono oggetti santi, e poiché onorano ciò che le icone raffigurano. Noi non adoriamo le icone più di quanto un patriota non adori la sua bandiera. Il saluto alla bandiera non è esattamente lo stesso tipo di venerazione che diamo alle Icone, ma è proprio un tipo di venerazione. E così come non veneriamo il legno e la vernice, ma piuttosto le persone dipinte nelle Icone, i patrioti non venerano il tessuto e le tinture, ma piuttosto il paese rappresentato dalla bandiera. Queste furono le conclusioni del Settimo Concilio Ecumenico, che stabilì nel proprio Oros (decreto) quanto segue: “Poiché questo è il caso in questione, seguendo il sentiero regale e l’insegnamento divinamente ispirato dei nostri santi Padri e della Tradizione della Chiesa cattolica – poiché sappiamo che essa è ispirata dal Santo Spirito che in essa vive – decidiamo in tutta correttezza e dopo un completo esame che, così come la santa e vivifica Croce, allo stesso modo le sante e preziose Icone dipinte con colori, ornate con piccole pietre o con quant’altro è utile a questo scopo (epitedeios), debbano essere poste nelle sante chiese di Dio, sui vasi e paramenti sacri, su muri e tavole, nelle case e nelle strade, sia che esse siano Icone del nostro Dio e Salvatore, Gesù Cristo, o della nostra intemerata Signora e Sovrana, la santa Madre di Dio, o dei santi angeli e di santi e pii uomini. Ogni volta, infatti, che vediamo le loro rappresentazioni in immagine, siamo condotti, mentre le contempliamo, a rammentare i prototipi, progrediamo nell’amore per loro, e siamo indotti a venerarli ulteriormente baciando le icone e testimoniando la nostra venerazione (proskenesin), non la vera adorazione (latreian) che, secondo la nostra fede, è appropriata solo per l’unica natura divina, ma nello stesso modo in cui veneriamo l’immagine della preziosa e vivifica Croce, il santo Vangelo e gli altri oggetti sacri che onoriamo con incenso e lumi di candela secondo la pia usanza dei nostri antenati. L’onore reso all’immagine va infatti al suo prototipo, e la persona che venera un’Icona venera la persona che vi è rappresentata. Invero, tale è l’insegnamento dei nostri santi Padri e della Tradizione della santa Chiesa cattolica che ha propagato il Vangelo da un capo all’altro della terra.” Gli ebrei capiscono la differenza tra venerazione e adorazione. Un pio ebreo bacia la Mezuzà sugli stipiti della sua porta, bacia il suo scialle da preghiera prima di indossarlo, bacia i tallenin (filatteri), prima di legarli alla fronte e al braccio. Bacia la Torah prima di leggerla nella Sinagoga. Senza dubbio Cristo fece le stesse cose, quando leggeva le Scritture in Sinagoga. Anche i primi cristiani capivano questa distinzione.
Il secondo comandamento non proibisce le icone?Il problema relativo al secondo comandamento dipende da com’è tradotta la parola che indica le immagini. Se essa significa mere raffigurazioni, allora le immagini nel Tempio sarebbero violazioni di questo comandamento. La nostra guida migliore al significato della parola ebraica, tuttavia, è ciò che essa significava per gli ebrei: quando gli ebrei tradussero la Bibbia in greco, tradussero questo termine semplicemente come “eidoloi” , ovvero “idoli.” Per di più, la parola ebraica pesel non viene mai usata in riferimento a qualsivoglia immagine nel Tempio. Perciò è chiaro che qui ci si riferisce a immagini pagane piuttosto che alle immagini in generale. Guardiamo più attentamente il passo scritturale in questione: “Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prosternerai davanti a loro e non li servirai.” (Eso 20:4-5a).
Ora, se prendiamo questo passo come riferimento a immagini di ogni genere, allora chiaramente i cherubini nel tempio violano questo comandamento. Se ci limitiamo ad applicarlo solo agli idoli, non esiste alcuna contraddizione. Inoltre, se il termine si applica a tutte le immagini – allora anche la foto sulla carta d’identità viola il comandamento, ed è un idolo. Così, o tutti i protestanti con la carta d’identità sono idolatri, oppure le icone non sono idoli.
Lasciando da parte, per il momento, le sfumature del termine “immagini”, limitiamoci a osservare che cosa ne dice il testo. Non farai x, non ti prosternerai a x, non adorerai x. Se x = immagini, allora il Tempio stesso viola il comandamento. Se x = idoli e non tutte le immagini, allora questo verso non contraddice le Icone nel Tempio, né le Icone ortodosse.
Deuteronomio 4:14-19 non vieta forse le immagini di Dio? Come potete allora avere Icone di Cristo?
Questo passo istruisce gli ebrei a non farsi immagini (false) di Dio, poiché essi non hanno visto Dio. Come cristiani, tuttavia, noi crediamo che Dio si è incarnato nella persona di Gesù Cristo, e così possiamo raffigurare “ciò che abbiamo veduto con i nostri occhi” (1 Gv 1:1). Come disse San Giovanni Damasceno: “Fin dai tempi antichi, Dio l’incorporeo e l’incircoscritto non fu mai raffigurato. Ora, tuttavia, Quando Dio è stato visto rivestirsi di carne, e conversare con gli uomini, io faccio un’immagine del Dio che io vedo. Io non adoro la materia, adoro il Dio della materia, che per me è divenuto materia, e si è degnato di abitare nella materia, e ha portato la mia salvezza attraverso la materia. Non cesserò di onorare quella materia che opera la mia salvezza. La venero, seppure non come Dio. Come potrebbe Dio essere nato nel mondo da cose senza vita? E se il corpo di Dio è Dio per unione, allora è immutabile. La natura di Dio rimane la stesa di prima, mentre la carne creata nel tempo è vivificata da un’anima logica e razionale.”
Ma considerata la violenta opposizione che gli ebrei avevano per le immagini, come è possibile che i primi cristiani abbiano accettato le icone?Non solo si trova iconografia in tutte le catacombe cristiane, ma anche nelle catacombe ebraiche dello stesso periodo. Abbiamo anche le Icone ebraiche ben conservate di Dura-Europos, in una città distrutta dai persiani a metà del III secolo (cosa che mette ovviamente un limite a quanto recenti potessero essere queste icone). Spesso si prendono le vedute di Giuseppe Flavio sull’iconografia come la norma delle vedute ebraiche in materia, ma questo è scorretto e chiaramente inappropriato. Un testo specifico che è solitamente citato è un passo che si riferisce a un tumulto scoppiato quando i romani posero un’aquila imperiale sul cancello del Tempio. Questa storia non è così bianca e nera come alcuni vorrebbero pensare. Questi erano zeloti. Giuseppe Flavio, anche lui un ribelle, per quanto in seguito avesse cambiato bandiera e aiutato i romani, ne narra gli eventi. Giuseppe racconta come i romani avessero montato l’aquila sopra l’ingresso del Tempio, e il popolo la strappò come sacrilega – ma erano le immagini di animali per se a essere in questione, o piuttosto l’aquila romana sull’ingresso del Tempio? Il punto di vista di Giuseppe a proposito era così estremista che egli pensò che le statue di animali connesse al Tempio di Salomone fossero un peccato (Antichità, VIII, 7,5).
L’attitudine globale degli ebrei verso l’arte religiosa non era neppure in parte così iconoclasta. Il Talmud Palestinese narra (in Abodah Zarah 48d) “Nei giorni di Rabbi Jochanan gli uomini incominciarono a dipingere figure sulle pareti, ed egli non lo impedì,” e “Nei giorni di Rabbi Abbun gli uomini incominciarono a fare disegni a mosaico, ed egli non lo impedì.” Inoltre, il Targum dello Pseudo-Gionata ripete il comandamento contro gli idoli, ma poi dice “nei vostri santuari potete tuttavia fare colonne di pietra incise con immagini e figure, ma non per adorarle.” Inoltre, i libri sacri degli ebrei sono stati illustrati fin dai più antichi esemplari che abbiamo. Essi contengono illustrazioni di scene bibliche, molto simili a quelle ritrovate nella Sinagoga di Dura-Europos (e anche nella chiesa cristiana che si trovava nelle vicinanze).
È importante notare che le più antiche Icone delle catacombe erano per la maggior parte scene dell’Antico Testamento, e Icone di Cristo. Il predominio di scene dell’Antico Testamento mostra come questa non era una pratica pagana cristianizzata dai convertiti, ma una pratica ebraica adottata dai cristiani.
Se le Icone sono così importanti, perché non le troviamo nelle Scritture ?Ah, ma noi le troviamo davvero nelle Scritture: e ne troviamo un sacco! Considerate quante se ne trovano nel Tabernacolo e quindi nel Tempio. C’erano immagini di cherubini:
Sull’Arca – Eso 25:18
Sui veli del Tabernacolo – Eso 26: 1
Sul velo del Santo dei Santi – Eso 26:31
Due grandi Cherubini nel Santuario – 1 Re 6:23
Sulle pareti – 1 Re 6:29
Sulle porte – 1 Re 6:32
E sul mobilio – 1 Re 7:29,36
In breve, c’erano Icone dovunque uno si girasse.
Perché c’erano solo Icone di Cherubini, e non di Santi?Il Tempio era un’immagine del Cielo, come rende chiaro San Paolo: “[i sacerdoti che servono nel tempio di Gerusalemme] attendono a un servizio che è una copia e un’ombra delle realtà celesti, secondo quanto fu detto da Dio a Mosè, quando stava per costruire la Tenda: Guarda, disse, di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte.” (Eb 8:5; cfr. Eso 25:40). Prima che Cristo venisse nella carne trionfando sulla morte con la sua Risurrezione, i Santi dell’Antico Testamento non erano in presenza di Dio nel Cielo, ma erano nello Sheol (spesso tradotto come “la tomba”, e tradotto “hades” (Ade) in greco). Prima della Risurrezione di Cristo, lo Sheol era il destino dei giusti e degli ingiusti (Gen 37:35; Is 38:10), anche se le loro condizioni non erano in alcun modo le stesse. Le possiamo vedere nella parabola raccontata da Cristo del ricco e di Lazzaro (Lc 16:19-31) e in Enoch 22: 8-15 (anche se il Libro di Enoch non è incluso nel Canone delle Sacre Scritture, è una parte venerabile della Santa Tradizione, ed è citato nell’Epistola di San Giuda, oltre che in molti scritti dei santi Padri): c’era un abisso che separava i giusti dagli ingiusti, e i giusti erano in uno stato di beatitudine, i malvagi erano (e sono) in uno stato di tormento – i giusti aspettavano la loro liberazione attraverso la Risurrezione di Cristo, mentre i malvagi aspettavano con paura il loro giudizio. E così, sotto l’antica alleanza, si dicevano preghiere solo per i dipartiti, poiché essi non erano ancora in cielo a intercedere per noi. Come disse San Paolo agli Ebrei mentre parlava dei Santi dell’Antico Testamento, “Eppure, tutti costoro, pur avendo ricevuto per la loro fede una buona testimonianza, non conseguirono la promessa: Dio aveva in vista qualcosa di meglio per noi, perché essi non ottenessero la perfezione senza di noi” (Eb 11:39-40). In Ebrei 12, San Paolo procede a mettere in contrasto la natura dell’Antica Alleanza (12:18s) con quella della Nuova (12:22s) – e tra le distinzioni che fa, dice che nella Nuova Alleanza “Voi vi siete invece accostati… agli spiriti dei giusti portati alla perfezione” (12:22-23). Come ci dicono sia le Scritture che il resto della Santa Tradizione, mentre il corpo di Cristo giaceva nella tomba, il suo spirito discese nello Sheol e proclamò la libertà ai prigionieri (Ef 4:8-10; 1 Pt 3:19,4:6; cfr. Mt 27:52-53). E questi Santi che hanno trionfato su questo mondo, ora regnano con Cristo nella Gloria (2 Tim 2: 12), e offrono continuamente preghiere per noi di fronte al Signore (Ap 5:8; cfr. il Martirio di Sant’Ignazio, cap 7: Sant’Ignazio era uno dei discepoli dell’Apostolo Giovanni, e fu fatto da lui Vescovo di Antiochia). E così, mentre nell’Antico Testamento il Tempio era immagine del cielo con i soli Cherubini a servire il Signore, nella Nuova Alleanza, i nostri Templi sono immagini del cielo con la grande nube dei testimoni che ora vi risiedono nella gloria.
Va bene, ammettiamo che vi siano Icone di un certo tipo nelle Scritture, ma dov’è che agli Israeliti viene detto di venerarle?Le Scritture comandano agli Israeliti di prosternarsi di fronte all’Arca, che aveva due prominenti immagini di cherubini. Nel Salmo 99:5, c’è il comando: “inchinatevi di fronte allo sgabello dei suoi piedi…” Dovremmo notare prima di tutto che la parola usata per “inchinarsi” qui, è la stessa parola usata in Esodo 20:5, dove di dice di non prosternarsi agli idoli. E che cos’è lo “sgabello dei suoi piedi”? In 1 Cronache 28:2, Davide usa questa frase in riferimento all’Arca dell’Alleanza. Il Salmo 99 [98 nella Septuaginta] inizia parlando del Signore che “dimora sui Cherubini” (99:1), e termina con un invito ad “adorare sul suo monte santo” – cosa che rende ancora più chiaro che in tale contesto si sta parlando dell’Arca dell’Alleanza. Questa frase appare di nuovo nel Salmo 132:7, dove è preceduta dalla frase: “Andremo ai suoi tabernacoli” ed è seguita dalla frase: “Sorgi, Signore, nel luogo del tuo riposo; tu e l’Arca della tua forza.” Curiosamente, questa frase si applica alla Croce negli offici della Chiesa, e la connessione non è accidentale – infatti era sull’Arca, sul seggio della grazia tra i Cherubini, che il sangue sacrificale era asperso per i peccati del popolo (Eso 25:22, Lev 16:15).
Ma che dire del Serpente di bronzo? Non fu distrutto precisamente perche il popolo iniziò a venerarlo?Se guardate il passo in questione (2 Re 18:4), vedrete che il Serpente di bronzo non fu distrutto solo perché il popolo lo onorava, ma perché lo aveva trasformato in un dio serpente, chiamato “Nehushtan.”
Non vi furono iconoclasti nella Chiesa, ben prima che venissero alla luce i protestanti?È importante tenere a mente, quando si considera la questione delle Icone (e pertanto anche l’iconoclasmo), che questa comprende due questioni separate, che spesso vengono confuse:
        È ammissibile fare o avere icone? È ammissibile venerarle?
E chiaro, a partire dall’Antico Testamento, che la risposta a entrambe le domande è sì. Mentre i protestanti, comunque, hanno obiezioni alla venerazione delle Icone, tipicamente non hanno da ridire sulla creazione o il possesso di immagini. Se lo facessero, non avrebbero opuscoli biblici illustrati, televisioni, o quadri… ma a parte gli Amish, si farebbe fatica a trovare un altro gruppo di protestanti che esclude regolarmente le immagini. I protestanti tipicamente hanno obiezioni alla venerazione delle immagini, ma curiosamente il tipo di argomentazioni e prove che usano si ritorcono quasi sempre contro ogni tipo di immagine, se la logica della loro linea di argomenti viene portata fino in fondo.
Gli iconoclasti, spesso citati dai protestanti come sostenitori della loro posizione in materia, di fatto hanno argomenti che si oppongono ai loro. Da un lato, gli iconoclasti scomunicavano tutti quanti “si azzardavano a rappresentare con colori materiali…” Cristo o i Santi – una cosa che quasi tutti i protestanti fanno a loro volta. D’altro canto, scomunicavano anche tutti quanti “non confessano la santa e semprevergine Maria, veramente e realmente Madre di Dio, come più alta di ogni creatura visibile e invisibile, e non cercano con fede sincera le sue intercessioni, come colei che ha confidenza con Dio per averlo partorito…” e scomunicavano anche tutti quanti “negano il profitto dell’invocazione dei Santi…” (NPNF2, Vol. 14, p. 545s). Così, di fatto, i protestanti si trovano sotto un maggior numero di anatemi degli iconoclasti di quanti ne abbiano gli ortodossi. I protestanti potrebbero desiderare di trovare un certo sollievo nel fatto che per lo meno gli iconoclasti erano opposti alla venerazione delle immagini, ma la venerazione non fu mai una questione a se stante per gli iconoclasti. Essi erano opposti alla venerazione delle icone, solo perché erano opposti alle icone. Non si opponevano alla venerazione di oggetti sacri: gli iconoclasti veneravano la Croce, e non ne facevano mistero.
I protestanti citano anche alcuni altri primi padri e primi scrittori ecclesiastici in sostegno della loro posizione. La maggior parte di queste citazioni sono semplici denuncie dell’idolatria, e non hanno nulla a che fare con le Icone. In quei pochi casi in cui le citazioni potrebbero essere plausibilmente interpretate come condanne delle Icone (e alcune delle quali, si può argomentare, sono interpolazioni iconoclastiche successive), una interpretazione coerente richiederebbe che non siano fatte immagini di alcun tipo… poiché, ancora una volta, l’obiezione che si trova in questi testi è rivolta alla creazione e al possesso di immagini. Nessuno di questi testi prende neppure in considerazione il tema della venerazione.
I Canoni del Sinodo di Elvira sono spesso citati a sostegno di una posizione iconoclasta. Nel suo Canone 36, il concilio decretava: “Si ordina che non vi siano pitture nelle chiese, così che ciò che è venerato e adorato non sia raffigurato sulle pareti.” Ma anche gli studiosi protestanti riconoscono che il significato del canone non è così chiaro come gli apologeti protestanti spesso suggeriscono: non è chiaro quale fosse l’occasione di questo canone, e non è chiaro che cosa cercasse di prevenire. A causa delle parole stesse del canone, è quasi certo che non si tratti di un bando assoluto alle immagini. Non è chiaro che cosa si proibisce, e soprattutto a quale fine. Le interpretazioni plausibili vanno da un mero divieto di immagini in chiesa, a una misura di precauzione per proteggere le Icone dai pagani (dato che il canone fu composto in tempi di persecuzione, ciò è certamente possibile). In ogni caso, il fatto è che le Icone erano in uso nelle chiese della Spagna prima del Sinodo di Elvira, e continuarono a essere usate in seguito, senza alcuna ulteriore prova di controversie. Inoltre, questo Sinodo ebbe un carattere meramente locale e non venne mai menzionato a livello ecumenico.
Come sapete che non fossero gli iconoclasti quelli che mantenevano la più antica tradizione cristiana sulle icone?Da un lato, l’iconoclasmo avrebbe dovuto fiorire nei territori a dominio islamico… ma non lo fece. Il primo scoppio di iconoclasmo iniziò in territorio musulmano, anche se non si trattava di cristiani che distruggevano immagini, ma di musulmani che distruggevano immagini cristiane. C’è anche ragione di pensare che un’influenza musulmana ispirò gli imperatori iconoclasti (tutti provenivano da aree dell’impero in cui i musulmani avevano preso il sopravvento), ma il fatto è che le uniche parti della Chiesa in cui l’iconoclasmo prese piede furono quelle in cui gli imperatori iconoclasti poterono imporre la loro eresia sul popolo. In tutte le aree della Chiesa al di fuori della portata degli eserciti imperiali, la Chiesa si oppose agli iconoclasti e ruppe la comunione con loro. Uno degli oppositori più aperti degli iconoclasti fu San Giovanni Damasceno, che visse sotto il dominio musulmano, e per conseguenza ebbe a soffrire persecuzioni. Se la visione degli iconoclasti fosse stata davvero quella tradizionale, ci saremmo dovuti aspettare di vedere tale opinione come dominante tra i cristiani che vivevano sotto il dominio musulmano. Per lo meno, ci saremmo aspettati qualche iconoclasta sorto in mezzo a questi cristiani, ma di fatto era vero il contrario – non si udirono voci iconoclastiche dai territori sotto il dominio musulmano, nonostante gli ovvi vantaggi che tali cristiani avrebbero avuto con i loro governanti.
Inoltre, prima della controversia iconoclasta, abbiamo ampie prove archeologiche che le Icone erano usate ovunque nella Chiesa, e se questa fosse stata una deviazione dalla Tradizione apostolica, ci dovremmo aspettare di trovare un’ampia controversia in materia dal primo momento in cui le Icone entrarono in uso, e che avrebbe dovuto intensificarsi mentre il loro uso diventava più comune.
Tuttavia, non troviamo niente del genere. Di fatto, trenta anni prima della controversia iconoclasta, il Concilio Quinisesto stabilì un canone (Canone 82) riguardo a ciò che dovrebbe essere dipinto in certe Icone, ma senza il più pallido accenno a una controversia sulle Icone per se.
Vi sono molte altre cose che mostrano la completa novità dell’eresia degli iconoclasti: essi si opponevano al monachesimo, nonostante il fatto che esso fosse stato indiscutibilmente accolto dalla Chiesa per secoli, si dilettavano a derubare i monaci, prendere le loro terre, forzarli a sposarsi, a mangiare carne, e a partecipare agli spettacoli pubblici (e quanti resistevano spesso erano gli spettacoli pubblici), contrariamente alle pratiche monastiche ben stabilite. Anche gli storici protestanti sono forzati ad ammettere che i santi uomini e donne del tempo erano sostenitori della venerazione delle Icone, e che gli Iconoclasti erano un partito piuttosto immorale e spietato.
Si può essere iconoclasti solo se si crede – contrariamente a quanto dicono le Scritture – che la Chiesa possa cessare di esistere, poiché non c’è dubbio che la Chiesa abbia respinto l’iconoclasmo e usato icone da tempi remoti almeno come quelli dell’uso delle catacombe (che sono piene di icone cristiane). E questa opzione della Chiesa che cessa di esistere è di solito rifiutata dagli Evangelici ragionevoli.
Di seguito potete leggere uno stralcio da un articolo pubblicato sulla rivista Diritto e questioni pubbliche (Università degli studi di Palermo) che definisce la questione dell’aniconismo:
«L’Arabia preislamica pullulava d’idoli e immagini, sotto forma di statue o pitture; con l’Islam, pur non essendovi un espresso divieto nella rivelazione del Corano, le rappresentazioni vennero sempre meno utilizzate. Un’intera civiltà, senza un’imposizione diretta, accettò, quasi con sentimento collettivo, di rinunciare all’immagine.
Quando Muhammad * entrò alla Mecca gli idoli presenti nella Ka’ba vennero distrutti; bisogna ricordare, però, che venne salvata l’immagine della Vergine col Bambino, andato distrutto in un successivo incendio.
Muhammad * stesso aveva salvato quindi un’immagine sacra e non aveva vietato l’uso dell’immagine, ne aveva semmai sconsigliato l’uso nei luoghi di preghiera e di raccoglimento, perché non vi fossero distrazioni durante le orazioni. Ma la distruzione degli idoli, è bene non dimenticarlo, si ricollega all’unicità di Dio e alla difesa di tale credo.

Certe posizioni riflettono l’attitudine spontanea dei musulmani a proteggere l’assoluta trascendenza divina dalle tendenze antropomorfe o idolatre, in modo tale, che ne risulti un divieto di fatto, anche se non giuridicamente fondato. L’idea di fondo di questa concezione è che l’immagine rinvii a una realtà troppo sacra per essere materializzata; l’arte non potrà fare a meno della calligrafia e i versetti coranici prenderanno la forma di un animale, di un uomo, di una barca o di un edificio. (…)

Il principale oppositore delle rappresentazioni umane fu lo shāfi’īta Al- Nawawī del XIII secolo, secondo il quale, in base ad un hadīth, bisognava evitare le rappresentazioni che portassero ombra, la quale darebbe maggior risalto alle forme del corpo; questa è un’interpretazione restrittiva che proibirebbe di fatto la statuaria, di cui, infatti, non possediamo grandi esempi artistici. Nel 1898 però furono scoperti gli affreschi di Qusayr ‘Amrā risalenti al periodo ommaiade. Questi non erano un caso eccezionale, ma si inserivano in un repertorio artistico comune del tempo, e mettevano di fatto in crisi le tesi contrarie alle immagini avanzate sino a quel momento. Ali Enani sostiene che lo stesso Corano contenga il divieto: traduce infatti ansāb (Sura V,92) che comunemente significa idoli con bilder, ovvero ritratti. Questa, però, tra le posizioni degli studiosi musulmani, è tra le più estreme; altri si interrogano se la proibizione si debba riferire ad alcune forme di arti figurative o se la si debba considerare assoluta. I modernisti che si richiamano a Mohammed Abduh, ritengono che l’Islam sia stato contrario alle rappresentazioni umane, fino a quando potevano essere di appoggio all’idolatria o alla diffusione di qualche malcostume: il divieto per quanto riconosciuto dagli ulemā (giuristi), spesso non veniva osservato a causa dello scarso zelo religioso, come nel periodo ommaiade, o per l’opposizione delle tradizioni artistiche come avvenne in Persia. Con lo sviluppo, in ambito bizantino, della reazione iconoclasta, che raggiunse il suo apice durante VIII secolo, periodo di formazione del diritto musulmano, si vennero a creare le condizioni per una diffusione e affermazione di alcuni hadīth che limitavano la produzione figurativa. Pur tuttavia il sistema giuridico era ancora in costruzione e gli Ommaiadi ebbero ampio spazio per i propri progetti edili e di abbellimento delle proprie corti, poiché il divieto non costituiva ancora un valore normativo.
Quindi ritornando all’islam, non nel Corano si trovano divieti espliciti, ma è negli hadīth che è contenuto il divieto dato agli uomini di cancellare con una rasatura perfetta i tratti primigeni del volto di Adamo e di riprodurre raffigurazioni naturalistiche, per non mettersi in competizione con Dio, l’unico che può realizzare opere dotate di vita. La “fabbricazione” di Adamo non è imitabile e gli esseri più vicini a Dio non hanno la “ricetta” relativa».
(A. Lombardo, Le immagini nel mondo musulmano. Quale diritto?

 

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