domenica 14 agosto 2016

Il Corano è creato o increato? La "mihna", inquisizione islamica.

Il Corano è creato o increato?

La "mihna", inquisizione islamica.


La logica musulmana dice più o meno così:
  1. La parola di Allah è increata.
  2. Il Corano è la parola di Allah.
  3. Pertanto, il Corano è increato.
Il Santo Corano è increato. Ovviamente, non i libri in carta e inchiostro sui quali è stato trascritto il Santo Corano dopo il periodo della rivelazione, ma la Parola di Dio, è increata.
Dal celeberrimo "al-Fiqh al-Akbar" dell'Imam Abu Hanifa (ra):
"Il Corano è Parola di Dio Altissimo scritta su fogli, preservata nei cuori, recitata dalle lingue e discesa sul Profeta - su di lui la preghiera e la pace! Il nostro articolare con parole il Corano è creato, il nostro scriverlo è creato, il nostro recitarlo ritualmente è creato, ma il Corano [in sé] è increato.
Quel che Dio Altissimo menziona nel Corano narrando le storie di Mosè e di altri fra i profeti - su di loro la preghiera e la pace! - o di Faraone e di Iblîs, tutto ciò è Parola di Dio Altissimo che ci informa al loro riguardo. La Parola di Dio Altissimo è increata, mentre le parole di Mosè e degli altri esseri creati sono create: è dunque il Corano, Parola di Dio Altissimo, ad essere increato e non le parole di quelli."
[Al-Fiqh al-Akbar ]

Quando si iniziò ad interrogarsi sulla fede islamica, utilizzando gli stessi strumenti logici utilizzati dai popoli conquistati, in particolare le nozioni filosofiche derivate dalla cultura classica. Subito iniziò una contesa tra chi sosteneva il libero arbitrio, i "qadariti" (da qadr, potere) e chi lo negava, i "jabariti" (da jabr, predestinazione). Sia gli uni che gli altri sostenevano la propria posizione con citazioni scritturali (Corano e ahadith), Tuttavia la questione non era esclusivamente teologica, anche il potere politico intervenne nella diatriba, utilizzando ora una scuola ora l'altra a sostegno della legittimità del proprio potere. Nel VIII secolo i Califfi Omayyadi sostennero la scuola jabarita e la predestinazione per giustificare i loro misfatti, imputandone la responsabilità al fatto che erano stati stabiliti da Dio.
Gli Abbasidi appoggiarono la scuola qadarita, in opposizione alla precedente, in modo che, sostenendo il libero arbitrio, potevano legittimare il rovesciamento degli Omayyadi e la loro presa del potere. Sotto gli Abbasidi la scuola qadarita si sviluppò e diede origine alla scuola razionalista più celebre dell'islàm, la scuola mu'tazilita (مُعتَزِلة) che, per giustificare il libero arbitrio dell'uomo, sosteneva l'importanza della ragione ('aql), come mezzo per conoscere la realtà e interpretare la rivelazione.
La reazione dei tradizionalisti non si fece attendere: negando la possibilità che la ragione umana potesse scoprire la verità (cosa che avrebbe reso inutile la rivelazione), sostenevano che l'unico modo per raggiungere la verità era tramite la rivelazione e la fede tradizionale (naql) derivata dal Profeta * e dai suoi compagni. Appartenevano a questa scuola i raccoglitori delle tradizioni del Profeta, gli "ahadith" (singolare: hadith) e i fondatori delle scuole di Fiqh, la Giurisprudenza islamica.
I mu'taziliti, (scuola di pensiero teologico islamico comparsa nel IX secolo (in Iraq), sostenevano invece il primato della ragione rispetto all'accettazione acritica e letterale del testo rivelato. Il testo rivelato doveva essere interpretato razionalmente, usando l'interpretazione allegorica per spiegare le discrepanze, contrariamente ai tradizionalisti che sostenevano l'obbedienza assoluta alla lettera della rivelazione senza chiedersi il come e senza allegorie (bila khaifa wala tashbih). Per i mu'taziliti anche la morale dipendeva dalla ragione, che consentiva all'uomo di distinguere tra bene e male e di scegliere il bene. Da qui l'ammissione del libero arbitrio: senza libero arbitrio non è concepibile un comportamento morale o amorale. Ogni comportamento sarebbe, infatti, moralmente neutro.
I seguaci delle scuole Mu'tazili erano noti per negare la non-creazione del Corano e la sua co-eternità con Dio[1]. Da questa premessa, la dottrina Mu'tazili del kalam deduceva che i precetti di Dio fossero accessibili al pensiero umano e suscettibili di indagine razionale; quindi la conoscenza derivava dalla ragione, e quindi la ragione era arbitro finale nella decisione su cosa è bene e cosa è male. Ne seguiva che il "sacro precedente" non era un mezzo affidabile per stabilire cosa fosse giusto, poiché ciò che era obbligatorio in religione lo era solo in virtù della ragione.
Nato dal sunnismo, l'approccio mutazilita conobbe momenti di grande diffusione, e vi furono dei periodi in cui il mutazilismo fu la "dottrina di Stato" nel califfato abbaside. Dopo il X secolo perse seguito, e fu definitivamente abbandonato nel XIII secolo con la persecuzione dei filosofi. Oggigiorno alcuni suoi aspetti si ritrovano solo nello sciismo di orientamento zaydita: la teologia islamica moderna lo considera un'eresia, perché nega sostanzialmente l'eternità del Corano e perché tende ad affermare il libero arbitrio. Nel jihadismo moderno sono frequenti le accuse di mu'tazilismo fra i vari gruppi integralisti, nel tentativo di screditare dottrinariamente gli avversari.


Se l'uomo doveva scegliere il bene significava che anche Dio doveva essere buono e giusto e quindi non poteva fare il male e commettere ingiustizie, anche se questo era negato dai tradizionalisti come attentato alla onnipotenza divina. La bontà e la giustizia di Dio scatenarono una polemica metafisica sugli attributi di Dio (i 99 nomi): erano parte della natura di Dio o a lui estranei? In altre parole l'attributo "il giusto" significava che la giustizia era una caratteristica della natura divina, per cui Dio non poteva agire ingiustamente, o era una caratteristica esterna, posseduta da Dio che la poteva utilizzare se e quando voleva, ma la poteva pure trascurare e utilizzare magari la "vendetta", dato che uno degli attributi era anche "il vendicatore"; quindi Dio era assolutamente libero di agire secondo giustizia, o secondo vendetta, o secondo misericordia o non agire affatto. Le risposte delle due scuole erano quindi del tutto opposte e se i mu'taziliti spiegavano le loro interpretazioni con la logica della ragione, i tradizionalisti invece sostenevano che la verità è quanto rivelato dal Corano e, se qualcosa non si capisce, significa che non si può capire. Solo Allah lo sa.

Tutta questa diatriba si polarizzò sulla questione della natura del Corano. Per i tradizionalisti il Corano era non-creato, coeterno con Dio, mentre tutto il resto, inclusi gli uomini e le loro azioni, era creato direttamente da Dio; discutere su questi problemi e seminare dubbi era eresia. Per i mu'taziliti invece il Corano doveva essere stato creato da Dio nel tempo per due motivi fondamentali.
Primo: se il Corano non era stato creato ed esisteva fin dall'eternità, si metteva a rischio l'unità di Dio e il monoteismo.
Secondo: se il Corano esisteva fin dall'eternità significa che tutte le azioni e gli avvenimenti a cui si riferisce sono stati predeterminati fin dall'eternità e questo distrugge la libertà e il libero arbitrio e quindi il merito e il demerito, requisiti che conducono rispettivamente al paradiso e all'inferno.
La scuola mu'tazilita ebbe un notevole successo fino alla metà del IX secolo durante il primo periodo del califfato Abbaside, raggiungendo il suo apice durante il regno di Al-Ma'mun (813-833), appassionato di filosofia e realizzatore della "casa della saggezza" (bait al hikma). Durante il suo regno tutti i giudici dovevano appartenere alla scuola mu'tazilita e giurare che il Corano era creato. In proposito era stata organizzata una specie di inquisizione, la "mihna", incaricata di accertare le reali convinzioni delle persone.
I sostenitori del Corano non-creato venivano giustiziati o incarcerati fino a quando non ritrattavano.
In effetti, i musulmani di scuola sunnita in quel dato periodo (IX secolo) essendo di indole violenta come lo erano tutte le persone di quel tempo, ad un certo punto arrivarono a considerare blasfemia ed a minacciare di morte chiunque avesse affermato che il Corano fosse stato creato. Per esempio, un famoso giurista musulmano di nome Qadi 'Iyad, citando il lavoro di Malik, ha scritto che:
Ho sentito qualcuno che ha detto che il Corano è stato creato, "E 'un non credente, uccidilo". Ha detto che nella versione di Ibn Nafi ', "Dovrebbe essere frustato e dolorosamente picchiato e imprigionato fino a che non si pente." Nella versione di Bishr ibn Bakr al-Tinnisi troviamo, "Lui viene ucciso e il suo pentimento non è accettato." (Qadi 'Iyad Musa al-Yahsubi, Muhammad Messaggero di Allah (Ash-Shifa di Qadi' Iyad), tradotto da Aisha Abdarrahman Bewley [Madinah Press, Inverness, Scozia, Regno Unito 1991; terza ristampa, brossura]., P 419)
Eppure le pagine, l'inchiostro, e il cuore che contengono il Corano sono tutti creati. Ciò significa che il Corano ha due nature, è sia eterna e temporale, increato e realizzato allo stesso tempo.

Etimologia

La parola mutazilismo (in arabo: المعتزلة ‎, al-muʿtazila ) ha varie etimologie, cariche di significati non sempre concordanti.
L'interpretazione a lungo più seguita è quella che vorrebbe che il suo fondatore, Wāṣil b. ʿAṭāʾ, abbia abbandonato un consesso guidato da al-Ḥasan al-Baṣrī (642-728) perché le sue idee contrastavano con le posizioni del dotto basriota in materia di peccato del musulmano ma la tradizione vuole che essa derivi dal verbo اعتزل (iʿtazala), ovvero «se n'andò», che origina il maṣdar (nome d'azione) iʿtizāl, riferito sembra alla conclusione d'una discussione riguardante il destino dell'uomo e la sua capacità o meno di creare le proprie azioni, anche se Carlo Alfonso Nallino ha dimostrato che il nome deriva dall'atteggiamento "neutrale" che caratterizzava i mutaziliti sul problema del peccatore, rispetto a chi cioè - come i Kharigiti lo qualificava come un apostata (murtadd ) e chi invece - come al-Ḥasan al-Baṣrī - lo indicava come un "ipocrita" (munāfiq ), mentre il Mutazilismo si limitava e definirlo semplicemente (e temporaneamente, fino al pentimento del peccatore) un "empio" (fāsiq ).[2]
Secondo Roger Arnaldez[3] invece, che riprende alcune considerazioni di Charles Pellat:[4]
« certains théologiens de la ville de Bassora refusèrent de prendre parti dans les luttes de pouvoir qui, après l'assassinat d'Othman, ensanglantèrent et divisèrent la communauté musulmane, d'ou le nom de ce mouvement signifiant «ceux qui s'abstiennent» »
(alcuni teologi della città di Bassora rifiutarono di prendere parte alle lotte per il potere che, dopo l'assassinio di ʿOthman insanguinarono e divisero la comunità musulmana, da cui il nome del movimento che significava "quelli che si astengono")

Teologia

La teologia mutazilita, scelta dagli Sciiti , nacque verso l'VIII secolo per scopi apologetici e per ridurre gli slanci con connotazioni antropomorfe dell'ortodossia islamica. Fondamentali sono 5 "dogmi":
  1. L'unità e unicità di Dio (tawḥīd).
  2. "Dio è giusto".
  3. Differenza tra peccato veniale e mortale.
  4. La posizione del peccatore è intermedia tra quella del kafir e quella del credente ed è definita fāsiq (empio).
  5. Ordinare il bene e vietare il male ( anche con la spada, se necessario ).
I mutaziliti fanno ampio uso del taʾwīl (interpretazione allegorica del Corano). La Shiʿa scelse la teologia mutazilita poiché il Sunnismo, negando qualunque sacertà alle persone umane, accentuava la trascendenza di Dio e antropomorfizzava eccessivamente l'Aldilà, cosa che non convinceva gli sciiti che riponevano l'autorità in persone terrene come gli Imam, i loro portavoce (wakīl ) dopo il loro "occultamento" (ghayba ) e le loro gerarchie religiose (al cui vertice sono gli Ayatollah).
Attenzione pero' quale shi'a scelse la teologia mutazilita?
Gli sciiti Duodecimani di quel periodo, oggi non mi risulta siano ancora su questo pensiero ed in parte i primi Zayditi, non gli Ismailiti che hanno elementi propri in perfetta linea con chi crede che il Corano sia increato.


Bibliography

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