domenica 14 agosto 2016

I SEGRETI DELLA GRANDE RESURREZIONE DI ALAMUT

I SEGRETI DELLA GRANDE RESURREZIONE DI ALAMUT

  L’8 agosto 1164, il gran maestro degli ismailiti sciiti ha proclamato la
Grande Resurrezione
nella sua roccaforte di Alamut nel nord dell’Iran.
Ha abolito lo stato di diritto e ha istituito una comunità unita dal solo imperativo per contemplare l’uomo perfetto il volto della divinità: vivere qui una vita divina.
Questo evento messianico è un’eccezione nella storia dell’Islam o lascia che si illumini il dramma interiore? Cosa ci ha insegnato lo sciismo? Cosa ci dice di noi stessi?                       Nel momento in cui la libertà viene interpretata in termini di una filosofia dei diritti senza spina dorsale, che è negato agli uomini ogni eroismo, dobbiamo evidenziare queste strane forme di libertà: che l’uomo, quando è nella la ricerca mortale, si rifiuta di dare assenso alla propria mortalità e abbassando una filosofia di sopravvivenza, quando vuole più di ogni altra cosa può “comportarsi da immortale”.
Asabah2.jpgHassan-i Sabbah Leader dello stato Nizārī Ismā’īlī fa alzare un palco, che è insieme una cattedra e un trono. L’orientazione è l’inverso della qibla, la direzione della Mecca. Se questa infatti orienta la preghiera verso il luogo della rivelazione profetica, verso il centro della religione legalitaria, la “resurrezione” abolisce la religione legalitaria, e dunque bisogna invertire l’orientazione del rito. Ai piedi del palco vi è un seggio per il sapiente che deve tradurre il pronunciamento dall’arabo in persiano, e vi è tra il palco e il seggio lo stesso rapporto spaziale che vi è nella dottrina tra il Trono divino e il suo seggio su questa terra. Il messaggio di resurrezione, inviato a tutti, ha tre messaggeri successivi: il Maestro della Resurrezione, assente dalla scena, ma che istituisce Hasan come califfo, Prova e inviato, Hasan stesso, che in qualità di unico rappresentante del Resurrettore, ne assume tutte le prerogative, e infine Mohamed Busti, che traduce dall’arabo, lingua sacra del Corano e della liturgia, in persiano, lingua del popolo che è stato liberato. Il centro spirituale dell’evento è nel rapporto tra nascosto e manifestato, in quanto pur mantenendosi la distinzione tra l’Imam nascosto e Hasan, di fatto l’investitura e gli atti compiuti da Hasan ne fanno una manifestazione sensibile. Come sostiene Jambet “facendo di un atto percettibile la presentazione dell’essenza invisibile del principio creatore, si lega il visibile alla sua realtà simbolica: diviene evidente che il visibile debba sempre essere interpretato, e che al contrario, il mondo è l’interpretazione sensibile, permanente, del reale che lo sostiene e che lo vuole: il mondo è la visione dell’Altro”.
D’altra parte anche il giorno scelto per l’evento, non è stato scelto casualmente, come è sottolineato nella prima parte del testo ismaelita; la Grande Resurrezione proclamata nel mese di ramadan non trasgredisce solamente il digiuno rituale; la data corrisponde nel sistema comune di astrologia sacra agli ismaeliti e ai Fratelli della purezza, ad un passaggio di stato tra i quattro conosciuti (nascita, crescita, decrescita, sparizione); i ritmi cosmici sono assimilati all’ordine legalitario da rompere; festeggiare attraverso la trasgressione comporta dunque festeggiare l’abolizione della Legge, manifestare la verità spirituale occultata dalla legge materiale.
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Il messianismo di Alamut ci impone di comprendere come una certa figurazione della libertà infinita, possa riposare su una visione interpretativa del mondo; l’interpretazione è il passaggio dal nascosto all’apparente, e questo passaggio epifanico, nel momento in cui è permesso sul teatro dell’evento messianico, invita alla trasmutazione pratica di valori, istituzioni e costumi. La rottura rispetto all’orientamento ismaelita precedente è notevole, infatti il rapporto tra legislazione e svelamento, tra profeta e imam è diverso tra i Fatimidi e i nizariti di Alamut.                                                           I primi accordavano una certa preminenza al profeta sull’imam, in una sorta di complementarietà dei ruoli. Il califfo fatimide mantiene la legge mentre svela il senso nascosto di questa Legge ad un gruppo ristretto di adepti. In modo del tutto diverso, la proclamazione di Alamut vede i capi nizariti affermare chiaramente la supremazia dell’imam e del Maestro della Resurrezione, così come la preminenza della resurrezione che sanziona lo svelamento spirituale del senso dei Libri sacri, sulle religioni legislatrici. Così afferma Corbin, “poiché la walayat (santità) è superiore alla profezia, della quale essa stessa è fonte, ne consegue che la persona del wali, cioè l’Imâm, ha la precedenza su quella del Profeta, possedendo l’Imamato da sempre e per sempre la precedenza sulla missione profetica.” Quello che lo Sciismo duodecimano vede al termine di una prospettiva escatologica, l’Ismaelismo di Alamut lo compie “al presente”, con una anticipazione dell’escatologia che è una insurrezione dello Spirito contro ogni servitù.”. Questo non comporta per gli ismaeliti la completa abrogazione della religione di Muhammad *, ma il suo inveramento: l’evento della resurrezione regola, come una causa finale, la legge interna dei cicli profetici.
The 26th Nizārī Ismā’īlī Imām (who died in 1255) ‘Alā’ ad-Dīn Muḥammad III bin Jalāl al-Dīn Hasan in The Travels of Marco Polo by Marco Polo (who was born on September 15, 1254). (Bibliothèque nationale de France)

Quel poco che sappiamo dell’Imamato di Alamut ci è narrato a noi da uno dei più grandi detrattori degli ismailiti, Juwayni. Secondo la versione ismailita degli eventi, l’anno dopo la morte dell’Imam-califfo al-Mustansir, un Qadi (giudice) con il nome di Sa’idi aveva viaggiato dall’Egitto ad Alamut, portando con sé il figlio minore dell’Imam Nizar, che era conosciuto come al-Hadi. L’Imam Hadi sarebbe vissuto in occultamento nascosto nella valle dell’Alamut, sotto la protezione di Hasan-i Sabbah, poi sotto il capo Da’i dello stato Nizari Ismailita. A seguirlo sono stati l’Imam Muhtadi e l’Imam Qahir, anch’esso nascosti dalla popolazione generale, ma in contatto con il più alto rango dei membri della gerarchia Ismailita (hudud). Queste prove viventi e visibili dell’esistenza degli Imam nascosti sono noti nella dottrina ismailita come Hujjat (la prova). Il periodo di occultamento dell’Imam è stato caratterizzato da una direzione centrale del capo Da’i alla fortezza Alamut in tutto lo stato Nizari Ismailita. Con l’emergere dell’Imam Hasan ‘dhikri al-salam tuttavia, il periodo di occultamento (Satr) era stato completato.
Ci si chiede perche’ l’Imam volle fare questa Resurrezione provocatoria?
La migliore delle risposte è perche’ la comunità intellettuale degli ismailiti era perseguitata dal 1090 dC. e andavano provati i credenti per vedere fino a che punto avrebbero seguito effettivamente l’Imam presente.
Lo scisma Nizari-Musta’li si è verificato dopo la morte di al-Mustansir nel 1094 dC
Più tardi, durante il regno del terzo Imam Nizari, Jalal-ud-Din Hasan (1210 dC – 1221 dC), si è cercato di rimediare al danno fatto da Hasan bin Muhammad. Jalal-ud-Din Hasan, che è stato riferito essere di mente più conservatore, ha tentato di reintrodurre la Shari’ah (legge) ai suoi sudditi, e per migliorare il suo rapporto con gli Abbasidi e Selgiuchidi.
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Tuttavia, ci sono voluti il califfo abbaside, l’attestazione di Mohammad Khorazm-Shah di lasciare che l’Imam Nizari Isma’ili  si riconvertisse alla fede musulmana come se la provocazione dell’Alamut fosse stata presa sul serio. Tuttavia, tutto questo è successo dopo il 1166 dC, l’anno della Resurrezione Isma’ili.  


Secondo Jambet, che sottolinea l’allusione al “versetto del Trono” (Cor. 2, 255 «spazia il Suo trono sui cieli e sulla terra»), tutta la messa in scena di Alamut è una figurazione spaziale della processione dei mondi spirituali a partire dal Trono divino. Vedi Jambet, op.cit., p. 39.
Henri Corbin, Storia della filosofia islamica, Milano, Adelphi 2007, p. 107.

Liens externes

Bibliographie scientifique

 

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